C’erano una volta i piccoli negozi alimentari che servivano il quartiere. Tutti ci andavano a comprare quello che serviva e quello che mancava all’ultimo momento. Ogni zona della città era servita dal piccolo market, dal fruttivendolo e dal tabaccaio.
Il mio alimentari me lo ricordo bene come fosse ieri: era il negozio di Delia, dove con pochi spicci, cinquecento o mille lire, andavamo a comprare il pane, il panino per la colazione o il ghiacciolo all’amarena quando faceva caldo.
Ricordo perfettamente il piccolo bancone, bianco e tirato a lucido, con gli affettati in bella esposizione, vicino a latte rotonde di sottoli e prelibatezze. A lato, poi, leggermente nascosto, ma da me sempre rimirato, il panetto di cioccolata bicolore che si tagliava a fette…che se ci penso bene ricordo ancora il sapore.
Oggi questi negozietti sono pressoché spariti, ingurgitati dalle grandi catene di distribuzione, e con loro tutta una categoria di addetti alle forniture che li rendevano unici e speciali.
In città c’era un’azienda che dagli anni ’40 si occupava dell’allestimento dei piccoli market con cura e dedizione, apponendo il proprio marchio sulle affettatrici e le bilance che brillavano lucidate in ogni negozietto. Era l’azienda Kristal che aveva fatto della propria K un vanto di solidità e sicurezza.
Come spesso succede, la storia dell’economia moderna ha deciso che realtà come queste dovessero lasciare il passo alla tecnologia e alla famigerata globalizzazione. Non ci sono più piccoli alimentari da allestire, ma solo, grandi catene che prendono forniture colossali uguali per tutti i punti vendita…supermercati identici in ogni parte del paese che non ti lasciano il piacere di scoprire particolarità, idee originali, tipicità…ma questo è un altro argomento!
Per caso ho scoperto la storia di questa piccola azienda partendo dalla mia attrazione fatale per gli aggeggi da cucina. In una casa svettava trionfante un’affettatrice antica, di quelle che si girano con la manovella, ma bella e funzionante come se fosse stata nuova. Mi hanno spiegato che era il frutto del lavoro certosino di un restauratore fabrianese che ha un piccolo laboratorio non lontano dal centro, un uomo con una bellissima storia da raccontare che parte da lontano, dai piccoli minimarket appunto!
Ovviamente sono andata a guardare di persona, scortata dalla macchina fotografica e dalle onnipresenti Linda e Gloria che sono restate affascinate da un posto per loro così strano, tutto pieno di attrezzi e di vita vissuta.
Luciano, durante il corso degli anni di lavoro, subentra al suocero come titolare dell’azienda e si trova ad affrontare un cambiamento del mercato che mette fuori gioco le piccole imprese come la sua. Invece di arrendersi, ha fatto del suo sapere cinquantennale un nuovo mestiere che lo rende tra i pochi ad essere capace di portare a nuova vita macchinari abbandonati e malridotti, come le mitiche affettatrici a volano.
Quando arriva una nuova macchina da sistemare è un’ emozione unica, smontarla cercando di memorizzare con l’aiuto dell’esperienza la posizione dei pezzi, ricostruire le parti mancanti, mandare a cromare i pezzi e infine ridipingere e tracciare con le codine delle linee dorate perfette che non si capisce che sono state fatte a mano. Mi dice che la mano non è più ferma come quella di una volta, ma a me non sembra proprio. Anzi, da come parla di quello che fa, sembra l’entusiasmo e la fermezza di un ragazzo che sta imparando a bottega, che ancora deve fare e vedere tante cose, che invece che a fine a carriera è all’inizio. Si emoziona quando mi fa vedere le foto dei suoi restauri, o quando mi mostra i particolari stemmi impressi sui piatti delle bilance. Mi mostra una vecchia bilancia da orefice e racconta a Linda come funziona, di come si usano i contrappesi. Lei subito prova divertendosi a spostare oggetti da un piattino all’altro.
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